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Il 12 maggio scorso è stato discusso in Senato il disegno di legge di conversione del Decreto Legge n. 21 del 2022.

Un emendamento presentato in Commissioni 6^ (Finanze e tesoro) e 10^ (Industria, commercio, turismo) da Italia Viva (ed approvato) ha legittimato di fatto l’aumento delle emissioni dell’elettrosmog in tutta Italia, esentando le compagnie di telecomunicazioni dalla presentazione di atti di conformità di legge precauzionale.

E’ stato infatti  introdotto l’art. 7-septies :

“(Semplificazione della procedura di autorizzazione per l’installazione di infrastrutture di comunicazione elettronica)

1. All’articolo 44, comma 3, del codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, dopo il primo periodo è inserito il seguente: “Tale documentazione è esclusa per l’installazione delle infrastrutture, quali pali, torri e tralicci, destinate ad ospitare gli impianti radioelettrici di cui al comma 1” ».

La legge di conversione (n. 51 del 20 maggio 2022) ha approvato tale modifica.

Al fine di compendere la portata dell’innovazione introdotta, si deve partire dal testo attuale dell’art. 44 del Codice delle Comunicazioni Elettroniche che stabilisce come sia necessario corredare l’istanza di autorizzazione della documentazione atta a comprovare il rispetto dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualita’, relativi alle emissioni elettromagnetiche, di cui alla legge 22 febbraio 2001, n. 36, e relativi provvedimenti di attuazione, attraverso l’utilizzo di modelli predittivi conformi alle prescrizioni della CEI.

Gli interventi in questione riguardano le infrastrutture per impianti radioelettrici e modifica delle caratteristiche di emissione di questi ultimi. In particolare si tratta della installazione di torri e di tralicci destinati ad ospitare

a) apparati radio-trasmittenti

b) ripetitori di servizi di comunicazione elettronica

c) stazioni radio base per reti di comunicazioni elettroniche mobili in qualunque tecnologia, per reti di diffusione, distribuzione e contribuzione dedicate alla televisione digitale terrestre, per reti a radiofrequenza dedicate alle emergenze sanitarie ed alla protezione civile, nonche’ per reti radio a larga banda punto-multipunto nelle bande di frequenza all’uopo assegnate, anche in coubicazione.

Orbene, se la nuova norma sarà confermata, per tutti questi impianti non sarà più necessario allegare la documentazione comprovante il rispetto (tra l’altro) dei limiti di esposizione e dei valori di attenzione.

Le conseguenze sono chiare: non sarà più possibile controllare “a monte” che le emissioni rispettino i limiti di legge.

Dobbiamo a questo punto domandarci se l’introduzione della disposizione sia rispettosa della Costituzione.

Ci sono alcune ragioni che fanno propendere per una risposta negativa.

1.

In primo luogo l’inserimento di tale disposizione nel decreto legge “Ucraina” risulta in piena contraddizione con quanto disposto dall’art. 77 della Costituzione. Tale articolo prevede infatti che il presupposto per l’utilizzo dello strumento normativo decreto-legge è rappresentato dall’esistenza di ragioni straordinarie di necessità e di urgenza.

Le premesse indicate nel D.L. n. 21/2022 (e relative alla questione in oggetto) sono le seguenti :

Ritenuta la straordinaria necessita’ e urgenza di assicurare il rafforzamento dei presidi per la sicurezza, la difesa nazionale, le reti di comunicazione elettronica e degli approvvigionamenti di materie prime”.

Risulta allora evidente che la misura adottata è estranea e incoerente rispetto alle ragioni di necessità e urgenza dichiarate nelle premesse del decreto. Non si vede infatti come l’eliminazione di qualsiasi documentazione a supporto delle domande di installazione possa costituire mezzo di rafforzamento delle reti, a fronte del fatto che tutte le altre condizioni procedimentali dell’autorizzazione rimangono immutate (in particolare, i tempi previsti per la definzione della procedura).

La disposizione in questione contrasta anche con l’art. 15 comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri) il quale prescrive che il contenuto del decreto-legge «deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo».

In merito a tale norma la Corte Costituzionale ha da tempo precisato che pur non avendo la stessa rango costituzionale, e non potendo quindi assurgere a parametro di legittimità, costituisce senz’altro esplicitazione della ratio implicita nel secondo comma dell’art. 77 Cost., il quale impone il collegamento dell’intero decreto-legge al caso straordinario di necessità e urgenza, che ha indotto il Governo ad avvalersi dell’eccezionale potere di esercitare la funzione legislativa senza previa delegazione da parte del Parlamento (Sentenza n. 22 del 2012).

Orbene, l’eliminazione dell’attività istruttoria per la autorizzazioni Telco non appare connessa con il titolo del Decreto Legge, il quale fa riferimento a “Misure urgenti per contrastare gli effetti economici e umanitari della crisi ucraina”.

Il difetto riscontrato non può essere sanato dalla conversione in legge del decreto in questione. É stato, infatti, da tempo precisato che la Corte Costituzionale ha il potere di sindacare l’eventuale evidente mancanza del requisito di legittimità costituzionale del decreto legge, rappresentato dall’esistenza dei presupposti di necessità e urgenza, il cui palese difetto configura tanto un vizio di legittimità costituzionale del decreto legge, in ipotesi adottato al di fuori delle possibilità applicative costituzionalmente previste, quanto un vizio in procedendo della stessa legge di conversione che abbia convertito in legge un atto che non poteva essere legittimo oggetto di conversione (Corte Cost., sent n. 29/1995; Corte Cost., sent n. 171/2007).

2.

La legge 22 febbraio 2001, n. 36 (Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici) ha attribuito allo Stato la determinazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità, intesi quest’ultimi come valori di campo ai fini della progressiva minimizzazione dell’esposizione (sentenza Corte Costituzionale n. 307 del 2003). La Corte, con la stessa sentenza, ha inoltre, chiarito che la ratio della fissazione dei valori-soglia è complessa, essendo rappresentata sia dalla esigenza di proteggere la salute della popolazione dagli effetti negativi delle emissioni elettromagnetiche, sia di consentire, attraverso la fissazione di soglie uniformi sul territorio nazionale, la realizzazione degli impianti e delle reti rispondenti ad elevati interessi nazionali.

La finalità dunque della fissazione dei limiti non consiste esclusivamente nella tutela della salute dai rischi dell’inquinamento elettromagnetico ma è più articolata.

Da un lato, si tratta effettivamente di proteggere la salute della popolazione dagli effetti negativi delle emissioni elettromagnetiche (e da questo punto di vista la determinazione delle soglie deve risultare fondata sulle conoscenze scientifiche ed essere tale da non pregiudicare il valore protetto). Dall’altro, si tratta di consentire, anche attraverso la fissazione di soglie diverse in relazione ai tipi di esposizione, ma uniformi sul territorio nazionale, e la graduazione nel tempo degli obiettivi di qualità espressi come valori di campo, la realizzazione degli impianti e delle reti ritenuti rispondenti a rilevanti interessi nazionali, che sono sottesi alla considerazione del “preminente interesse nazionale alla definizione di criteri unitari e di normative omogenee” che, secondo l’art. 4, comma 1, lettera a, della legge quadro, fonda l’attribuzione allo Stato della funzione di determinare detti valori–soglia. In sostanza, la fissazione a livello nazionale dei valori–soglia rappresenta il punto di equilibrio fra le esigenze contrapposte di evitare al massimo l’impatto delle emissioni elettromagnetiche, e di realizzare impianti necessari al paese.

Ciò posto, rimane fermo che il valore della tutela della salute debba comunque essere protetto, e che le decisioni in ordine ai valori soglia debbano essere basate su dati scientifici.

Ora, l’eliminazione di qualsiasi istruttoria non consente in prima battuta di presumere che le installazioni rispettino i valori massimi di esposizione, dato che le compagnie non avrebbero più alcune dovere di dimostrarlo.

Viene di fatto impedito agli Enti Locali (e alle Agenzie Regionali di Protezione dell’Ambiente, che li coadiuvano) di effettuare l’accertamento della compatibilita’ del progetto con i limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualita’ (dovere previsto espressamente dall’artl 44 comma 1 del Codice delle Comunicazioni Elettroniche).

Viene così consentito un mero controllo “a valle” sul rispetto dei limiti; e cioè solo dopo l’avvio di funzionamento degli impianti, rinunciando all’obiettivo di perseguire in via preventiva la tutela della salute della popolazione.

Tutto ciò appare poco compatibile con il rispetto dell’art 32 della Costituzione, che tutela il diritto alla salute.

3.

Infine la decisione di sopprimere la documentazione a corredo comporta l’assoluta carenza di istruttoria nel procedimento amministrativo volto alla autorizzazione, che perde così il suo specifico oggetto: la verifica delle condizioni previste per il rispetto dei valori massimi di emissione.

Non si comprende a questo punto quale possa essere il ruolo del Comune e degli Enti chiamati a partecipare alla conferenza di servizi, se non quello di limitarsi a verificare la corretta localizzazione urbanistica.

Appare violato l’art. 97 della Costituzione che impone il rispetto del principio del buon andamento della Pubblica Amministrazione: non si consente agli Enti di disporre dei mezzi per la effettuazione della istruttoria procedimentale, vanificando così la funzione e il ruolo del procedimento amministrativo. In tal senso emerge una grave irragionevolezza (anch’essa possibile vizio di incostituzionalità) scaturente dal contrasto logico tra il citato dovere di accertamento previsto (a carico delle A.r.p.a.) dall’art 44 comma 1 del Codice delle Comunicazioni Elettroniche e l’impossibilità di effettuarlo a causa della carenza totale di documentazione.

Avv. Vittorio Fiasconaro